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Sei mesi di guerra partigiana in Piemonte, visti attraverso lo sguardo di un bambino di nove anni. "Il mitra di legno" è un racconto romanzato che non perde mai il contatto con la trama dei fatti allora effettivamente accaduti, ma poi li rielabora, manipola e ricompone come tessere di un mosaico in cui realtà e fantasia si intrecciano con assoluta libertà. Al di là di ogni preciso riferimento autobiografico - di cui tuttavia il testo conserva il coinvolgente retrogusto - ciò che soprattutto interessa all'autore è riportare alla luce il clima di fondo di quel periodo convulso e drammatico. I feroci episodi dai quali era punteggiata allora la cronaca quotidiana cadevano come macigni sull'esistenza di ciascuno, sconvolgendone anche profondamente l'equilibrio. Però poi subito, intorno a quei macigni, le esigenze fondamentali della vita ricominciavano a germogliare con invasiva tenacia. Cresceva nella gente comune il desiderio di riprender fiato lungo i dolci sentieri della pace, ovunque fosse possibile rinvenirne la seppur minima traccia. Nel contempo quasi tutti erano consapevoli che quella speranza poteva coniugarsi con una riconquistata dignità personale e collettiva soltanto attraverso l'adesione alla Resistenza anti-fascista. Ma sarà proprio con l'irruzione nella villa isolata in cui abita la famiglia del protagonista di una banda di pseudo-partigiani in cerca di bottino che la storia si concluderà tragicamente.